Se sei un trader alla ricerca di strategie meccaniche per investire in opzioni avrai già intuito quanto lo studio, il confronto con gli esperti del settore e soprattutto un’attenta misurazione del rischio siano una conditio sine qua non per potersi muovere in un campo così complesso.

Purtroppo, le informazioni che vengono fornite a questo proposito sono talvolta imprecise o addirittura fuorvianti. Sembra ad esempio che esistano metodi infallibili di trading in opzioni per ottenere profitti miracolosi e senza alcuna fatica: basta prendere delle istruzioni preconfezionate, applicarle alla lettera e il gioco è fatto. La realtà è molto distante da questa utopia.

Imparare ciò che serve per individuare ed applicare strategie in opzioni che funzionano richiede tempo ed impegno. Prendere consapevolezza di questo è essenziale: per questo promuoviamo come utili opportunità i nostri workshop sulle opzioni e gli incontri come il meeting gratuito organizzato da QuantOptions.

Ed è per lo stesso motivo che vogliamo oggi dedicare un approfondimento alla strategia di Naked Put Selling. In cosa consiste, nello specifico? In quali condizioni ha senso applicarla? Ha delle criticità? Funziona per il trading in opzioni? Cominciamo a rispondere a queste domande.

La logica della Naked Put Selling

Il termine inglese naked significa nuda: l’opzione lo è quando è scoperta, cioè quando il suo scrittore non possiede una posizione di segno opposto nell’attività sottostante. La strategia di cui parliamo si basa sulla vendita di queste opzioni senza alcuna copertura.

Un’opzione put rappresenta un diritto di vendita su un certo strumento. Comprare una put su un dato titolo – al costo stabilito dal premio – significa che potrai decidere di vendere azioni di quel titolo al prezzo fissato dallo strike entro una certa scadenza.

Chi acquista un’azione e una put acquisisce il diritto di applicare uno stop loss alla propria posizione azionaria. Il prezzo sarà impostato ad una distanza più o meno arbitraria rispetto al prezzo di carico delle azioni. È chiaro come questo offra una soluzione alla necessità di ogni trader di proteggersi dal rischio di caduta del prezzo delle azioni; per ulteriori osservazioni a proposito di come ridurre il rischio finanziario ti consigliamo il nostro articolo sulle opzioni come strategia di copertura.

Per ogni trader che compra una put a copertura di un investimento azionario ci deve essere uno speculatore che gliela vende. Vendere put significa in sostanza agire come compagnia di assicurazioni per qualcun altro: il massimo che il tuo assicurato potrà perdere è il premio corrisposto, da te incassato. Questa strategia è tipicamente applicata soprattutto sul mercato americano, che per natura è molto liquido e, grazie alle centinaia di sottostanti quotati, offre un’ampia gamma di opportunità operative.

I vantaggi della strategia

Vendere put e fungere quindi da assicuratore per qualcun altro comporta assumere su di sé il rischio di un evento – il crollo delle azioni – a bassa probabilità. Ovviamente, questo vale se ragioniamo non su un solo titolo, bensì diversificando su molti sottostanti.

Acquistare una sola azione e sperare che non si verifichi un crollo espone ad un certo rischio. Al contrario, la probabilità di forte caduta del prezzo su 10, 50 o 100 azioni contemporaneamente è molto minore; su base statistica, potremmo anzi dire che l’eventualità di un crollo simultaneo di tutti i tioli è prossima allo zero, quasi impossibile.

A fronte di molti trader che comprano diversi titoli e decidono di associarvi altrettante put a copertura, la strategia di vendere tutte quelle put ed assicurare le posizioni azionarie di quegli investitori può dimostrarsi vantaggiosa. Gli scenari a scadenza delle opzioni per ogni operazione sono soltanto due: se il prezzo del titolo a scadenza sarà pari o superiore allo strike della put venduta, l’operazione sarà chiusa con il mantenimento del premio incassato.

Un prezzo inferiore allo strike della put venduta comporterà invece l’esercizio automatico della controparte, con l’obbligo d’acquisto del titolo allo strike per il venditore. Al di là del fatto che la probabilità di trovarsi esercitati può essere molto bassa, questo è un rischio che si traduce spesso in nuove opportunità.

Le sue criticità

Abbiamo ormai imparato che nulla è privo di rischi nel trading in opzioni; allo stesso modo, nessuna strategia è automaticamente infallibile. Per quanto riguarda la Naked Put Selling, cominciamo dal considerare che le scelte da definire con attenzione durante la fase di elaborazione sono diverse.

Innanzitutto, è necessario determinare il criterio meccanico di entrata: la prima domanda da porsi è se le condizioni di mercato siano o meno ottimali per aprire posizioni di short put. Superato questo punto, bisogna scegliere opportunamente una scadenza e uno strike adeguati.

La tendenza è quella di optare per strike lontani e difficilmente raggiungibili, ad esempio tra -30% e -50% rispetto al prezzo corrente del sottostante. Coerentemente, le scadenze saranno quindi medio-lunghe, intorno ai 12 mesi: vendere opzioni con strike di questi ordini di grandezza a uno o pochi mesi non porterebbe un guadagno sufficiente a giustificare l’impianto operativo. Tutto ciò comporta profitti limitati – per gli strike distanti – ed un discreto rischio – data l’esposizione temporale al mercato piuttosto prolungata.

Un problema significativo nell’implementazione della strategia è poi rappresentato dall’oggettiva necessità di standardizzare il più possibile il rischio delle posizioni. Immaginiamo ad esempio di avere un parco titoli con azioni quotate 3,5 dollari ed altre che quotano 1000 dollari. Supponiamo ora di vendere una put con strike -20 su un lotto (100 azioni) di queste seconde: la cifra che dovrei impiegare in caso di esercizio sarebbe non solo ingente, ma anche radicalmente diversa da quella teoricamente necessaria nella medesima situazione applicata alle azioni che valgono 3,5 dollari ciascuna.

Adottare un criterio di Money Management di sostanziale equivalenza delle posizioni è fondamentale. Serve dunque a standardizzare le posizioni in modo che, in caso fortuito di esercizio, tutte mi comportino l’impiego di capitali più o meno equivalenti. Ma serve anche a identificare il minimo capitale indispensabile per la strategia, così da massimizzare il rendimento ponderato sul rischio.

Quando applicarla

Ragionando a grandi linee, con la strategia di Naked Put Selling possiamo imboccare due strade. Da un lato possiamo procedere alla vendita quando il titolo è forte, assumendo che vi siano minori probabilità di crolli violenti. Questa scelta offre probabilmente maggiore sicurezza, ma con ritorni medi abbastanza ridotti: tranne che in casi sporadici, sulla salita dei sottostanti c’è una bassa volatilità, ossia premi delle opzioni ridotti.

Dall’altro lato, possiamo vendere sulla debolezza, contando sul fatto che la probabilità di una nuova discesa immediatamente successiva è di solito ridotta. Questo modo di agire può garantire ritorni mediamente più alti grazie a volatilità implicite più elevate, ma ciò non la rende automaticamente una strategia saggia. Sotto al crollo di un titolo ci sono sempre dei motivi concreti, e non è detto che i relativi effetti si risolvano il giorno dopo.

Bisogna inoltre considerare che, a prescindere dalle condizioni di mercato, alcuni titoli non seguono l’andamento standard, ossia quello che statisticamente ci aspetteremmo. Esistono casi di aziende che hanno registrato perdite ingenti anche dopo aver segnato un nuovo massimo annuale, o che hanno messo a segno percentuali negative altissime di performance a un anno da un nuovo minimo.

Insomma: la Naked Put Selling funziona?

Tiriamo le somme. L’idea concretizzata nella strategia di Naked Put Selling ha senso e statisticamente funziona. Il punto è, però, che non funziona su tutto a prescindere. Studi approfonditi hanno evidenziato che esistono molti casi nei quali questa operatività è perseguibile. Non solo: a fronte di specifici eventi, è possibile anche posizionarsi su strike poco distanti dal prezzo corrente (-20%, -25%), con redditività nettamente soddisfacenti.

Come sempre, la chiave di un approccio efficace è l’analisi con i giusti strumenti. Prima di intraprendere questa strategia ci deve essere ad esempio una ricerca dei titoli che hanno trend storici mediamente sempre rialzisti, che mettono a segno correzioni sporadiche e poco profonde e che offrono dunque l’occasione di ottenere profitti con rischio perfettamente sotto controllo. Ci deve poi essere uno studio storico del massimo numero di posizioni aperte simultaneamente; ancora, dobbiamo conoscere su quanti titoli ci si può essere trovati esercitati, sempre simultaneamente.

Come ottenere tutte queste informazioni? Sul mercato sono disponibili alcuni strumenti di analisi e di backtesting già pronti; il nostro parere, però, è che la strada migliore da seguire sia comunque quella della formazione. Un’adeguata preparazione ti permette non solo di sfruttare al meglio tutti gli strumenti, ma anche – una volta acquisita una competenza avanzata – di elaborarne di tuoi. Questo è l’unica vera strategia infallibile per sapere sempre cosa succede e perché nel mondo del trading in opzioni.